Normativa NIS2: cos’è e cosa comporta per le aziende
9 Ottobre 2024
L’Italia si attesta tra i 3 Paesi leader in Europa nell’adozione dell’Intelligenza Artificiale, con il 24% dei lavoratori che già la utilizza per migliorare l’efficienza del proprio lavoro in un mercato sempre più dinamico.
Questo dato emerge dallo studio “EY Italy AI Barometer” condotto da EY, che sottolinea come il nostro Paese sia avanti rispetto alla media europea (19%) nell’implementazione dell’AI nei contesti lavorativi.
Tuttavia, il panorama digitale italiano presenta delle contraddizioni, se considerato in un contesto più ampio di digitalizzazione.
Lo studio evidenzia che il 46% dei lavoratori italiani prevede un ulteriore aumento dell’impatto dell’Intelligenza Artificiale sul business nei prossimi 3 anni.
Il 76% degli intervistati dichiara di avere un’esperienza diretta con queste tecnologie, dimostrando un atteggiamento positivo verso l’AI.
Tuttavia, questa leadership specifica nell’adozione dell’Intelligenza Artificiale può apparire in contrasto con i dati generali sulla digitalizzazione in Italia, dove il Paese spesso occupa posizioni più arretrate rispetto ai principali Paesi europei.
Secondo il DESI (Digital Economy and Society Index), infatti, l’Italia si colloca ancora nelle retrovie rispetto alla media UE per quanto riguarda la digitalizzazione delle imprese, delle infrastrutture e delle competenze digitali di base.
Nonostante l’ottimismo verso l’AI, lo studio rileva sfide rilevanti. Il 24% degli intervistati ritiene che l’Intelligenza Artificiale possa sostituire una parte significativa delle mansioni umane, e il 76% prevede una riduzione della forza lavoro a causa della crescente automazione.
Queste preoccupazioni si innestano in un contesto di digitalizzazione più ampio, dove l’automazione e l’AI rischiano di accentuare le disparità tra chi possiede competenze digitali avanzate e chi fatica a stare al passo con l’evoluzione tecnologica.
A questo si aggiunge che, sebbene le aziende italiane stiano abbracciando l’AI, molte di esse devono ancora colmare il gap nella gestione delle infrastrutture digitali di base, come la connettività e la formazione digitale, ambiti in cui il Paese rimane indietro rispetto ad altre nazioni europee.
Questa dicotomia mette in evidenza un paradosso: da un lato, l’Italia è all’avanguardia nell’adozione di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale; dall’altro, soffre ancora di un ritardo nell’integrazione digitale a livello sistemico.
Questo suggerisce che l’adozione dell’AI potrebbe avvenire in modo disomogeneo, concentrandosi soprattutto nelle grandi aziende o in settori specifici, lasciando indietro le PMI o i settori con minore accesso alle risorse tecnologiche.
Nel contesto aziendale, l’Intelligenza Artificiale viene utilizzata prevalentemente per il marketing, la cybersecurity e la gestione dei dati. Nonostante le difficoltà iniziali, i benefici economici stanno diventando sempre più evidenti: il 58% dei manager italiani afferma di aver registrato un risparmio sui costi o un aumento dei profitti grazie all’AI. Solo una minoranza del 16% non ha ancora visto risultati tangibili.
L’impatto dell’AI risulta particolarmente marcato tra i manager, il 69% dei quali riconosce vantaggi significativi, rispetto al 49% dei lavoratori non manageriali. Ciò suggerisce che l’AI stia facilitando la gestione aziendale e il processo decisionale.
Tuttavia, anche qui emerge una contraddizione: sebbene l’Intelligenza Artificiale stia portando benefici concreti alle imprese, la mancanza di digitalizzazione diffusa può ostacolare ulteriori progressi. L’integrazione ottimale dell’AI presuppone infatti una solida infrastruttura digitale, che non tutte le aziende italiane possiedono, in particolare le piccole e medie imprese che spesso non hanno né le risorse né le competenze per trarre pieno vantaggio dalle tecnologie emergenti.
Un altro punto critico riguarda la formazione: sebbene il 37% degli intervistati chieda maggiore supporto da parte delle aziende per acquisire competenze legate all’AI, molti lavoratori si rivolgono all’autoformazione per colmare queste lacune. Questa situazione riflette un problema più ampio di competenze digitali in Italia: il Paese è noto per avere una delle più basse percentuali di popolazione con competenze digitali avanzate in Europa, come indicato dai dati DESI.
L’Italia ha ancora molta strada da fare per formare adeguatamente la sua forza lavoro sulle competenze digitali di base, un prerequisito essenziale per trarre il massimo vantaggio dalle tecnologie come l’intelligenza artificiale. Solo il 16% dei lavoratori è soddisfatto della formazione ricevuta sul posto di lavoro, un dato che conferma la necessità di rafforzare i programmi formativi in ambito digitale.
In sintesi, mentre l’Italia si distingue come uno dei Paesi più avanzati nell’adozione dell’intelligenza artificiale, la sua posizione in termini di digitalizzazione complessiva resta più arretrata.
Questa situazione evidenzia una sorta di “digital divide” interno, dove alcune realtà aziendali e settoriali sono in grado di sfruttare appieno le tecnologie avanzate, mentre altre faticano a stare al passo per via di infrastrutture digitali inadeguate o di una mancanza di competenze adeguate.
Se l’Italia vuole mantenere la sua posizione di leadership nell’AI, dovrà affrontare queste contraddizioni e investire in una digitalizzazione più inclusiva e capillare, così da garantire che i benefici dell’AI possano essere distribuiti in modo equo e su larga scala.
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